Osservatorio mamme che lavorano
IL VALORE MEDIO DEGLI INDICATORI DI
MIGLIORAMENTO DEI PARAMETRI DI PARITÀ DI GENERE (2010-2018) APPENA PUBBLICATI NEL GENDER EQUALITY INDEX 2020,
CI DICE CHE IN ITALIA IL GAP TRA I SESSI
DOVREBBE ESSERE COLMATO NEL 2049
MENTRE NELLA MEDIA DELL’UNIONE
EUROPEA, CHE PRESENTA TASSI
DI CRESCITA DIMEZZATI, SOLO NEL 2078!
PURTROPPO IN ALCUNI PARAMETRI
IMPORTANTI LE DATE SI INVERTONO:
PER QUANTO RIGUARDA LA DISTRIBUZIONE INEGUALE DI LAVORATORI DI SESSO
FEMMINILE E MASCHILE TRA E ALL’INTERNO DEI TIPI DI LAVORO LA PARITÀ IN ITALIA
AI RITMI DEGLI ULTIMI
8 ANNI SARÀ RAGGIUNTA NEL 2497!!!
È stata appena pubblicata l’edizione 2020 dell’ampio e autorevole rapporto annuale sullo stato della parità di genere in Europa denominato “GENDER EQUALITY INDEX”. Questa ricerca è il fiore all’occhiello DELL’EIGE - EUROPEAN INSTITUTE FOR GENDER EQUALITY (Agenzia dell’Unione Europea dedicata al tema della Parità di Genere). Per l’Italia complessivamente buone nuove notizie ma anche qualche pessima conferma.
Il GENDER EQUALITY INDEX è una ricerca periodica che avendo determinato alcuni parametri di giudizio della parità di genere li monitora anno per anno in ogni Paese Europeo. Tali parametri generali (cui discendono altri sottoparametri) sono:
- Lavoro;
- Denaro;
- Tempo disponibile;
- Conoscenza;
- Salute;
- Potere;
- Violenza;
- Digitalizzazione (da quest’anno).
Il calcolo dell’indice sull’uguaglianza di genere si basa sulla metodologia in 10 fasi accettata a livello internazionale (OCSE) che prevede lo sviluppo di un quadro teorico che definisce e struttura ciò che viene misurato e una selezione di variabili in base alla validità analitica, misurabilità, copertura paese, comparabilità e pertinenza degli indicatori.
Segue quindi un’analisi multivariata per studiare la struttura complessiva del set di dati, valutarne l’idoneità e guidarne le successive scelte metodologiche.
Con 63,5 punti su 100, l’Italia è al 14 ° posto nell’UE nell’indice sull’uguaglianza di genere. Il suo punteggio è di 4,4 punti inferiore al punteggio dell’UE.
Dal 2010, il punteggio dell’Italia è aumentato di 10,2 punti (+0,5 punti dal 2017). L’Italia sta progredendo verso l’uguaglianza di genere a un ritmo più rapido rispetto ad altri Stati membri dell’UE.
La sua classifica è migliorata di otto posizioni dal 2010.
Tuttavia sono ancora presenti disuguaglianze di genere importanti nell’area della rappresentanza politica (48.8 punti), della disponibilità di tempo (59,3 punti) e nei fattori di conoscenza (61,9 punti). Ma l’ambito nel quale il nostro Paese non riesce a fare significativi passi in avanti è quello del lavoro: l’Italia ha il punteggio più basso rispetto al resto dell’Unione Europea (63,3 punti)!
Il divario di genere nei lavori a tempo pieno (FTE) è diminuito nell’ UE dal 2010, e questo riflette la riduzione delle differenze in 15 Stati membri, rispetto a un aumento solo in otto.
Tuttavia, le disuguaglianze sono in peggioramento tra i gruppi vulnerabili, quali i genitori soli, le persone con un background migratorio e quelli con un livello di istruzione basso.
I progressi nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro non ha portato a cambiamenti sostanziali nei modelli di genere. Il punteggio indice per qualità del
lavoro e segregazione è cambiato appena dello 0,3% dal 2010, attestandosi a 64 punti nel 2018. Circa il 30% di tutte le donne occupate lavorano nell’istruzione, nella sanità e nel sociale, rispetto all’8% degli uomini.
Altri settori e occupazioni rimangono dominati dagli uomini: ad esempio, solo il 17% degli specialisti in ICT è donna. In Italia poi i posti di lavoro a tempo indeterminato (FTE) sono aumentati di pochissimo per le donne (ora il 31%) e dal 2010 sono diminuiti anche per gli uomini (ora al 51,4%). Nelle coppie con figli il divario di genere è molto più ampio rispetto alle coppie senza figli.
La segregazione di genere nel mercato del lavoro è una realtà ben nota. Limita le scelte di vita e le opzioni di istruzione e impiego di donne e uomini e determina lo stato del loro lavoro. La segregazione guida anche il divario retributivo di genere, rafforza ulteriormente gli stereotipi di genere e perpetua relazioni di potere di genere ineguali nella sfera pubblica e privata. I cambiamenti ambientali, demografici e socioeconomici stanno aumentando la domanda di operatori sanitari, prevalentemente donne intrappolate in lavori di bassa qualità. La cosiddetta segregazione di genere in alcune professioni poi è stata oggetto di particolare peggioramento durante la crisi generata da COVID-19. Alcuni filoni di lavoro sono stati classificati come essenziali durante la pandemia e questo spesso ha esposto questi lavoratori e lavoratrici a carichi di lavoro senza precedenti, rischi per la salute e sfide legate all’equilibrio tra lavoro e vita privata.
In Italia con il tasso di miglioramento registrato dal 2010 al 2018 (0,7%) raggiungere una piena parità di genere nello specifico parametro della segregazione e qualità del lavoro senza interventi di rilievo impiegherebbe 477 anni!!! Decisamente inaccettabile. Si deve quindi andare in questa direzione in ambito legislativo e regolatorio in maniera decisa poiché è ormai chiaro che le dinamiche di mercato nel nostro Paese sono insufficienti.