Il futuro energetico del pianeta

a cura del prof. Graziano Pini - foto di Corrado Corradi

Si è svolta martedì 13 ottobre, presso l’Aula Convegni Unimore via S. Geminiano 3, una lezione/seminario della dr.ssa Emma Marcegaglia promossa dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia in collaborazione con Profilo Donna Magazine, sul futuro energetico del pianeta. Il tema è di grande attualità ed interesse e rispecchia la linea editoriale della rivista che, nell’ottica della valorizzazione del ruolo della donna nella società, predilige gli approfondimenti e le testimonianze di donne leader nel loro ambito. Presentiamo quindi l’illustre relatrice e un sunto del suo intervento.

Dr.ssa Emma Marcegaglia

A.D. Marcegaglia Steel

Emma Marcegaglia è un’imprenditrice italiana, tra le donne imprenditrici più famose sul web a livello internazionale. Ha ricoperto il ruolo di presidente di Confindustria dal 2008 al 2012, prima e unica donna in questa carica, e presidente della LUISS (Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli) dal 2010 al 2019. Dal 2014 al 2020 è stata presidente dell’Eni.

Laureata in Economia Aziendale alla Bocconi, ha frequentato un master in Business Administration a New York. È Cavaliere della Legion d’Onore Francese dal 2011.

Marcegaglia Steel

core business del gruppo, attivo nella lavorazione dell’acciaio con diversificazione nel settore turistico, immobiliare ed energetico (fatturato 5,5 mrdE, addetti 6500).

La grande impresa che, insieme al fratello, amministra non ha avuto in questo periodo grandi scossoni complessivi, merito della grande diversificazione produttiva che la caratterizza in tantissimi settori e della continua ricerca per l’allungamento della vita dei prodotti e per l’integrazione con le fonti rinnovabili, vecchie e nuove (si pensi all’energia da moto ondoso del mare). Stiamo lavorando per inserirci nella “transizione energetica mondiale”, anzi per esserne protagonisti.

Gli anni passati alla presidenza Eni mi hanno consentito un osservatorio più elevato del settore energetico, oggi in fase di grande evoluzione, verso la riduzione delle emissioni di CO2 e verso una risposta che dobbiamo assicurare alla domanda di energia dei paesi più in difficolta, come quelli africani. Quella che chiamiamo “giusta transizione”, perché senza accesso all’energia non c’è dignità sociale nel percorso di sviluppo di un paese. A proposito delle fonti energetiche stiamo assistendo alla progressiva sostituzione del petrolio e del carbone con gas e altre fonti meno inquinanti e rinnovabili nel tempo. Il prezzo basso del gas può favorire la sua diffusione nei paesi a forte tasso di sviluppo come Cina e Asia in generale.

D’altra parte è stato di recente pubblicato il World Energy Outlook, la pubblicazione a cura dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE), che analizza la situazione a livello mondiale. “Oggi più che mai, coloro che sono chiamati a prendere decisioni in ambito energetico devono farlo esaminando la situazione attuale in maniera attenta, basandosi sulle evidenze, e valutando le implicazioni derivanti dalle loro scelte”. Il documento fornisce ai soggetti attori e osservatori settoriali gli scenari che esplorano e analizzano diversi possibili futuri, le azioni, o inazioni, che li determinano e le interconnessioni tra le differenti parti del sistema. E così emerge che la domanda mondiale di energia è ancora largamente soddisfatta da fonti fossili (31% petrolio, 27% carbone e 23% gas). “Guardando alla sola generazione elettrica, le principali fonti sono: carbone (38%), gas (23%) e idroelettrico (16%). L’eolico rappresenta il 5% e solare fotovoltaico il 2%. In tale contesto, tra le maggiori incertezze emergono: la sostanziale stabilità del mercato petrolifero nonostante le incertezze geopolitiche, la necessità di ridurre le emissioni pur a fronte di un trend della CO2 che continua a crescere (nel 2018 massimo storico), la necessità di fornire accesso universale all’energia a fronte di 850mln di persone che ancora oggi vivono senza elettricità. Nel lungo termine si possono intraprendere percorsi alternativi: la prima è continuare a muoversi lungo la traiettoria attuale con una domanda energetica che cresce del 1.3% l’anno da qui al 2040 e le emissioni di CO2 che crescono di un quarto. Un’altra è seguire una strada che prenda in considerazioni le nuove politiche e target ad oggi dichiarati con una domanda globale di energia che cresce dell’1% l’anno, con tutte le fonti energetiche - ad eccezione del carbone – in crescita e con emissioni che aumentano senza registrare un picco entro il 2040. Si può infine intraprendere una strategia in linea con gli obiettivi di Parigi (Sustainable Development Scenario – SDS) che porti a una domanda globale di energia nel 2040 inferiore ai valori attuali ed emissioni di CO2 che diminuiscono fino a raggiungere il livello net-zero nel 2070. Nel definire il percorso da seguire sicurezza energetica ed emissioni rimangono centrali. In particolare, sul fronte della sicurezza energetica, gli Stati Uniti giocano un ruolo sempre più importante nel panorama energetico mondiale (rappresentano l’85% della crescita globale di petrolio e il 30% di quella gas da qui al 2030) determinando un minor peso dell’OPEC e della Russia sulla produzione petrolifera mondiale (47% nel 2030 vs 55% nei primi anni 2000); il Medioriente rimane il principale fornitore di petrolio a livello globale (lo stretto di Hormuz rimane una delle rotte principali); l’aumento della flessibilità del sistema power diventa fondamentale per mantenere il passo con il crescente fabbisogno di elettricità (il solare diventa la principale fonte per capacità installata nel mondo). Sul fronte dell’efficienza energetica è necessario un continuo miglioramento: nel 2018 l’intensità energetica dell’economia mondiale si è ridotta solo dell’1,2%, un valore ben inferiore al 3% annuo che sarebbe necessario nello scenario SDS. Su scala geografica, le economie emergenti ridefiniranno l’andamento dei flussi energetici con la Cina che rimane il primo consumatore energetico in tutti gli scenari mentre l’India è la regione con la maggior crescita della domanda energetica. L’80% del commercio petrolifero internazionale nel 2040 (nello scenario STEPS) è destinato all’Asia, in parte dovuto al raddoppio delle importazioni in India. In tale area rimane comunque aperta la sfida tra carbone, gas naturale e rinnovabili per fornire elettricità e calore alle economie emergenti asiatiche. La domanda energetica cresce anche in Africa, come si diceva, per effetto di una rapida crescita della popolazione che entro il 2040 supererà oltre 2 miliardi (aumentando di oltre 600 mln solo nelle città). In tale continente sarà presente l’opportunità di seguire uno sviluppo a bassa intensità carbonica facendo leva sulle risorse energetiche domestiche tra cui rinnovabili, gas ed efficienza energetica. “Grazie alle recenti scoperte, il gas rimane centrale a supportare la crescita industriale del continente e offre una buona fonte di flessibilità per il power. Per costruire uno scenario sostenibile le emissioni devono invertire rotta puntando a NET ZERO EMISSION al 2070 e per raggiungere tale obiettivo è necessario un impegno condiviso”.

Ma anche sul piano politico nazionale la Dr.ssa Marcegaglia è molto attenta. Già nei giorni scorsi, a margine del Forum Ambrosetti di Cernobbio di settembre aveva detto: “Occorre investire risorse per progetti coordinati e di lungo termine. È importante che il Governo non sprechi le risorse che arriveranno dall’UE in sussidi a breve termine”. Infatti servono interventi che consentano una crescita duratura del Paese. Le priorità sono quelle che ha indicato anche l’UE: green deal, digitalizzazione, infrastrutture, formazione e istruzione (Education). Se impariamo dalle difficoltà che si incontrano nella vita, anche delle imprese e dei paesi, potremo trovarci dopo la fine della pandemia anche più forti di prima, più moderni ed efficienti, quindi più resilienti verso gli shock esterni che possono sempre ripetersi. È anche fondamentale continuare ad accrescere la Ricerca, l’Innovazione e il trasferimento tecnologico tra Università e Industria, quindi incentivarne, nella politica industriale, la qualità e la diffusione. Infine la sua attenzione a studenti e ai giovani in generale: “Ai giovani e alle giovani in particolare che vedo presenti raccomando di credere in se stessi e di investirci, senza mai rinunciare alle possibilità di accrescere le proprie potenzialità e le proprie conoscenze”.


UNIMORE - Economia
e Pari Opportunità

Intervista a Tindara Addabbo a cura di Cristina Bicciocchi

Tindara Addabbo Ph.D. in Economics (European University Institute) Professoressa Ordinaria in Politica Economica, insegna Macroeconomia e Economia del Lavoro presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi, coordina il Dottorato Lavoro, Sviluppo e Innovazione, Università di Modena e Reggio Emilia. È Componente del comitato scientifico della Fondazione Marco Biagi, del Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche, del Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e Vulnerabilità – Unimore e del Centro di Ricerca Interuniversitario “Ezio Tarantelli”. Delegata del Rettore Unimore alle Pari Opportunità e Presidente della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università italiane. Coordina il progetto Leading Towards Sustainable Gender Equality Plans in research institutions, coordinato da Unimore e ammesso al finanziamento dalla Commissione Europea - Horizon 2020 Research and Innovation Framework. È componente del Management Committee e co-leader del working group “Employment and Economic Well-being” dell’azione COST CA19103 - LGBTI+ Social and Economic (in)equalities.

È stata Responsabile Scientifica dell’unità di ricerca del Dipartimento di Economia Marco Biagi, Università di Modena e Reggio Emilia, nell’ambito del Progetto europeo Free to Choose (2017-2019) nell’ambito del quale è stato realizzato un gioco da tavolo sugli stereotipi di genere nel mercato del lavoro e nel percorso formativo. Svolge attività di ricerca su: misurazione del ben-essere, gender budgeting e valutazione delle politiche pubbliche, discriminazione occupazionale e salariale e differenziali di genere nell’istruzione.

L’iniziativa dei seminari Crise in cui siamo state coinvolte con piacere a collaborare con Unimore, ha visto protagonista la dr.ssa Emma Marcegaglia imprenditrice con incarichi di prestigio, che ha relazionato sui temi di grande attualità. Lei come docente di macroeconomia come vede lo scenario economico attuale e, secondo Lei, quali dovranno essere le priorità per fare ripartire i consumi in modo sostenibile per l’Italia?

Il sistema economico globale è profondamente scosso dall’impatto della pandemia con la perdita incommensurabile di vite umane e effetti devastanti su più dimensioni dello sviluppo umano e uno shock profondo sulla domanda aggregata e sulla produzione. Per contrastare l’impatto negativo su più dimensioni sono in atto e vanno potenziate politiche economiche monetarie e fiscali fortemente espansive e la predisposizione di combinazioni di policies efficaci attente anche alle diseguaglianze sociali ed economiche che stanno aumentando e all’impatto delle politiche e delle strategie di ripresa sulle diseguaglianze di genere esistenti, diseguaglianze particolarmente accentuate in Italia.

Esistono differenze nell’impatto della pandemia in una prospettiva di genere?

Sì esistono differenze di genere nell’impatto della pandemia collegate al minore accesso al lavoro retribuito delle donne, ai gap retributivi a svantaggio delle donne, e alla maggiore incidenza di lavoro precario e informale, e quindi alla maggiore esposizione al rischio di perdita di lavoro e di minori tutele. La maggiore femminilizzazione di attività lavorative più a rischio nel settore sanitario e dei servizi alla persona le espone maggiormente al rischio di contrazione del virus. Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo segnala inoltre come, nella scarsità di risorse, la maggiore probabilità che le madri rinuncino al cibo per i loro figli nella crisi pandemica le esponga maggiormente alla denutrizione e agli effetti negativi sulla salute. Esiste inoltre quella che l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito una pandemia invisibile ovvero la violenza sulle donne rispetto alla quale occorre intervenire con più risorse, rafforzare i centri, le case rifugio e i servizi rivolti alle donne che subiscono violenza e disporre di dati dettagliati sulla violenza e sui servizi esistenti. Occorre aumentare la consapevolezza e la formazione delle forze di contrasto e prevenzione della violenza di genere nella pandemia e mettere le donne al centro delle politiche di ripresa.

Si riscontrano anche effetti indiretti sulla salute delle donne?

Sì, nel corso di precedenti crisi sanitarie (come l’ebola) si è ridotta l’erogazione di servizi sulla salute riproduttiva e sessuale con un impatto negativo sulla salute delle donne misurabile in un aumento di mortalità materna, gravidanze in età adolescenziale e malattie trasmesse sessualmente.

Stime del Fondo delle Nazioni Unite sulla Popolazione prevedono in presenza di limitazioni di 6 mesi nei servizi sulla salute riproduttiva un minore accesso alla contraccezione da parte di circa 47 milioni di donne e si stimano circa 7 milioni di gravidanze non intenzionali.

A causa di questi effetti l’indice della disuguaglianza di genere, una misura composita su tre dimensioni: la salute riproduttiva, empowerment e partecipazione al mercato del lavoro rischia di peggiorare sensibilmente allontanando sempre di più il raggiungimento dell’obiettivo 5 sull’eguaglianza di genere all’interno dell’Agenda 2030 degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

In che modo è ripreso l’anno Accademico dell’Università degli Studi di Modena e Reggio dopo l’emergenza sanitaria?

L’Ateneo già nelle prime fasi di diffusione della pandemia e nel lockdown ha potuto contare su esperienze innovative e inclusive di didattica a distanza.

Nel nuovo anno accademico le immatricolazioni risultano pienamente in linea coi numeri degli anni passati. I corsi proseguono regolarmente in parte con attività in presenza a piccoli gruppi, tenendo conto delle esigenze di sicurezza sanitaria e nel rispetto delle linee guida ministeriali e in maggior parte a distanza. La qualità della didattica è assicurata da decennale esperienza in Unimore di tecniche di didattica a distanza con la presenza di corsi blended e metodi didattici innovativi volti a stimolare la partecipazione attiva degli studenti e delle studentesse. Continuano le sperimentazioni didattiche volte ad acquisire le competenze trasversali problem solving e lavoro di squadra che sappiamo essere molto apprezzate nei contesti aziendali e indispensabili per un corretto esercizio della propria professionalità.

Quanto il mondo economico e lo studio dell’economia appassiona i giovani e quanto sono consapevoli dell’importanza di una valida formazione?

I dati sulle immatricolazioni dei quali disponiamo per i corsi di laurea triennale ad oggi sono molto positivi, si registra infatti un aumento dei nuovi iscritti.

In questo anno accademico inoltre, proprio rispondendo alle trasformazioni del sistema economico, come Dipartimento di Economia Marco Biagi nel quale sono strutturata offriamo un rinnovato corso di laurea magistrale in Relazioni di lavoro, un corso a modalità mista, che presenta un particolare focalizzazione sulla trasformazione digitale delle organizzazioni e del lavoro, sulle sue implicazioni economiche, giuridiche e organizzative, e sul suo impatto sulla gestione delle risorse umane.

In questo periodo storico specifico, la preoccupazione maggiore per le famiglie e per i giovani è trovare un lavoro che permetta loro di vivere; quanti e quali sbocchi professionali ci sono oggi per chi si laurea in economia?

Gli sbocchi professionali sono molteplici e differenziati in base al corso di studi intrapreso e al suo livello e riguardano posizioni professionali in diversi ambiti. Fra questi sono presenti sbocchi professionali nella gestione aziendale in diverse funzioni (pianificazione e controllo; contabili-amministrative, tesoreria e di finanza, gestione della logistica; funzioni organizzative e di gestione del personale e funzioni commerciali e di marketing) e come economista presso soggetti di varia natura (imprese ed enti pubblici, imprese finanziarie, fondazioni, associazioni, sindacati, istituti di ricerca). La presenza di comitati di indirizzo e consultazioni poste in essere in ogni corso di studi con le istituzioni pubbliche e esponenti del sistema economico locale, nazionale oltre ad esperti/e internazionali (considerando anche sbocchi all’estero) e istituzioni potenzialmente interessate ai profili lavorativi dei diversi corsi ci aiuta a sviluppare progetti formativi al passo con le esigenze che provengono dai territori ma anche in grado di sviluppare competenze per preparare a nuovi sbocchi occupazionali possibili in relazione alle previsioni dei fabbisogni.

Un altro aspetto fondamentale a mio avviso è l’avere previsto attività di stage presso imprese e istituzioni con un servizio dedicato di dipartimento. Attività queste che avvicinano i nostri laureandi e laureande a possibili sbocchi occupazionali e a meglio disegnare il percorso formativo futuro favorendo quindi una maggiore probabilità di occupazione, peraltro, nella media nazionale, già più elevata.


Parlando di parità di genere quanto è ancora difficile dare voce alle donne nel settore Accademico?

Il rapporto She Figures 2018 della Commissione Europea Directorate-General for Research and Innovation evidenzia che in media nelle università le donne superano gli uomini fra chi è iscritto all’Università o ha conseguito la laurea e la distribuzione per genere fra i dottorandi appare abbastanza equilibrata. In media tuttavia, in tutte le aree disciplinari, in Europa secondo i dati She Figures le donne sono sottorappresentate ai vertici della carriera: infatti nel 2016 le donne rappresentavano il 48% di dottorandi e dottori di ricerca, 46% delle posizioni di ricercatore/ricercatrice, 40% associato e il 24% dei professori ordinari. In Italia nello stesso anno le donne rappresentano il 46% dei ricercatori, 37% associati e 22% ordinari. Esistono inoltre differenze nella distribuzione per aree che sembrano confermare la persistenza di stereotipi di genere. In particolare nell’area STEM (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), dove le donne sono sottorappresentate a tutti i livelli a partire da studenti (32% a livello Laurea triennale, Master o equivalente) fino a posizioni accademiche di vertice (15%).

Proprio con l’obiettivo di raggiungere un sensibile miglioramento della parità di genere negli enti di ricerca e nelle università supportando l’implementazione dei Piani di Eguaglianza di Genere – GEPs, l’Università di Modena e Reggio Emilia coordina il progetto Leading Towards Sustainable Gender Equality Plans in research institutions – LeTSGEPs – finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020 Research and Innovation Framework al quale partecipano: RWTH Aachen University, Germania; Mathematical Institute of the Serbian Academy of Sciences and Arts, Belgrado, Serbia; Università degli Studi di Messina; Università di Tirana, Albania; Max Planck Society for the Advancement of Science, Monaco di Baviera, Germania; Institute of Marines Sciences, Spanish National Research Council, Barcelona, Spagna; CY Cergy Paris Université, Francia. Più in generale, l’Istituto Europeo per l’eguaglianza di genere presentando il Gender Equality Index 2020, ci ricorda come, mancano almeno 60 anni al raggiungimento della completa parità di genere, se continuiamo al ritmo attuale. Attività che possono contribuire ad accelerare il raggiungimento di questo traguardo sono anche attività di certificazione di equità di genere delle imprese. Ed è con la prospettiva di accompagnare le imprese verso il raggiungimento dell’equità di trattamento uomo-donna che a fine novembre è stata costituita a Modena IDEM (https://idemindthegap.it/), start-up universitaria che vede la collaborazione fra un gruppo di ricerca del Dipartimento di Economia Marco Biagi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, la Fondazione Marco Biagi e JobPricing società attiva da diversi anni nell’analisi delle dinamiche retributive nel mercato del lavoro italiano.

Come Presidente della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università italiane, quali sono i programmi e le iniziative che avete messo in campo in questo periodo post Covid 19?

La Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università italiane riunisce in una Rete le/i rappresentanti (in carica) dei Comitati universitari che operano con riferimento alle tematiche delle Pari Opportunità, al fine di costruire sistematici rapporti di collaborazione fra gli Atenei sulle aree di competenza.

Negli ultimi mesi le misure di prevenzione al contagio da COVID-19 hanno imposto una rapida trasformazione delle università che hanno adottato modalità di lavoro da remoto in varie forme (lavoro agile, telelavoro, smart working), riorganizzando radicalmente gran parte delle attività di ricerca, la didattica e il lavoro tecnico amministrativo. L’emergenza epidemiologica non ha determinato semplicemente un trasferimento online delle attività svolte negli atenei; ha richiesto, e sta richiedendo quotidianamente, un riposizionamento delle istituzioni accademiche e del loro ruolo nella società. La Conferenza ha sollecitato le istituzioni al raggiungimento di un equilibrio di genere nella composizione dei comitati attivati con riferimento all’emergenza sanitaria e ha promosso due indagini: la prima volta a cogliere il ruolo che gli organismi di parità hanno svolto all’interno degli Atenei e la seconda sull’impatto della pandemia sul personale tecnico amministrativo e docente nelle diverse realtà universitarie italiane, al fine di fornire indicazioni di supporto al lavoro dei CUG per migliorare il ben-essere nelle università. I risultati sono stati presentati nell’ambito del Convegno annuale Smart Academia. Valutazione, lavoro, benessere ed equità nell’università che cambia e che si è svolto a distanza il 3-4 Dicembre in collaborazione con il Comitato Unico di Garanzia del Politecnico di Milano.

 

 

 

 
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