Pande-mondo

Un rinnovato orizzonte del viaggiatore

Testo e foto di Francesca Pradella

Marcel Proust, scrittore francese nato nel 1871 , sosteneva che “Il vero viaggio della scoperta consiste non nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’acquisire nuovi occhi”.

Ed è difficile pensare che il contingente periodo storico non abbia cambiato, seppur in minima parte, il nostro modo di vedere il mondo.Col passaporto nel cassetto, ho trovato davvero faticoso mettermi qui e scrivere di viaggi. Mi è sembrato un atto masochistico nei miei confronti ed allo stesso tempo sadico nei Vostri. Il pungolo nelle mura domestiche dell’uomo moderno, lo ha costretto a fare i conti non solo con un inedito, invisibile, essere esterno (il Covid-19); ma anche con un’altrettanto latente ma non meno temibile fattore, col quale ha di rado a che fare, se non distrattamente: sé stesso. “Perché ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato? Portandoti dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con l’individuo dal quale volevi fuggire”. E sono queste parole di Socrate che illuminano l’anopodittico: non poter viaggiare è una discreta afflizione; star soli con noi stessi, per alcuni, un male ancora più intollerabile.

Così la moda “mindfulness” entra, investita di una recente autorità, nelle case dei più suscettibili, con i suoi podcast, le pratiche yoga, la meditazione: volgere coscientemente la propria attenzione, senza giudicare, al solo momento presente. I benefici psico-fisici di queste attività variano da individuo ad individuo.

Ma, nel mio caso, è bastato volgere, per caso, lo sguardo per sentire riaffiorare, forte più che mai, la wanderlust (dalle due parole germaniche wandern, “escursione” e lust, “passione”). Quei piccoli magneti, spesso dal dubbio gusto estetico, che riportiamo a casa dalle vacanze, sono un istantaneo portale dei ricordi per una mente costretta fra le mura domestiche.

Nel La Gaia Scienza, Nietzsche narra del mutamento dell’uomo di ritorno da un viaggio, che diventa quasi un estraneo, un uomo sconosciuto per i suoi amici. Viaggiare, per alcuni, non è solo un lusso, un momento di riposo agognato o un’opportunità di osservare qualcosa di diverso: è un vero e proprio percorso di cambiamento interiore. Sai come parti; non sai se sarai lo stesso, quando ritornerai. La dromomania, nella nostra società, è un male poco compatibile con impegni e doveri: ma questa impossibilità di partire ci fa comprendere, mai come ora, i sentimenti che emergevano nello scrittore Hermann Melville, se sostava troppo a lungo nello stesso posto:

Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinnanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in strada a gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in viaggio al più presto.” Non essendo governati propriamente da sofocrazie e non avendo idea di cosa accadrà nei prossimi mesi, la frustrazione del non poter prendere un aereo e staccare dalla quotidianità è comprensibile e condivisibile. Nella consapevolezza che le priorità siano ben altre. La pandemia globale, che resta una tragedia in primis per la nostra specie, può però davvero donarci “occhi nuovi” proustiani , anche solo osservando fuori dalla finestra di casa. Come un’anomala e deviante lente d’ingrandimento, permette, magari, di notare ciò che ci sfuggiva; di dare o ridare valore a ciò che davamo per scontato.

Le persone viaggiano verso posti lontani per osservare, affascinati, persone che normalmente ignorano a casa”.(Dagobert D. Runes)

Si sta, da poco, rafforzando il movimento dei “wayfarer”, letteralmente “viandanti”: amanti del viaggio che decidono di spostarsi, per motivi in parte etici ed a favore della sostenibilità, a piedi. Se abbiamo un limite geografico che non possiamo oltrepassare, possiamo approfittarne per riscoprire, ad esempio, il piacere di camminare nelle nostre città; osservare quello che normalmente ignoriamo, come nel pensiero di Runes. I più fortunati, poi, potranno consolarsi con la propria memoria eidetica. I filosofi stoici greci (ca. 300 a.C.) sostenevano che l’uomo possedesse l’oikeiosis, una forza autoconservativa che lo spinge ad un meccanismo d’introspezione; guardare dentro di sé, riconoscersi, ritrovarsi fino, possibilmente, ad amare sé stessi. Forse son proprio queste le colonne d’Ercole dell’essere umano moderno: ha calpestato continenti terreni e lunari ma ancora fatica nell’ottenere un duraturo, sincero appagamento interiore, lontano dal mondo esterno. Mi scuso se, in questa occasione, ho citato diversi autori; vi è un motivo che, da fotografa viaggiatrice, vi rivelo con un (prometto!) ultimo aforisma che mi ha profondamente rincuorato, nei momenti di solitudine di questi mesi. Si narra che sulla porta della Biblioteca di Alessandria, si trovasse una scritta: “psychès iatreion”. La traduzione? “Ospedale dell’anima”.

Proprio così: qualora la nostalgia nell’osservare la valigia impolverata nell’armadio si facesse insostenibile, nessun dpcm potrà toglierci il piacere della lettura.

Capace di arricchire ed ammodernarci le retine, a chilometro zero.

 
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