Il Dalai Lama a Milano

La casa del futuro

Cancelli aperti dalle 6.30 del mattino alla Fiera di Rho a Milano, dove si sono riunite 12.000 persone per la visita di S.S. il Dalai Lama in Italia.
Due giornate intense di insegnamenti, iniziazioni, meditazioni e confronti con il pubblico.
Molto atteso, il Dalai Lama, è giunto in Italia lo scorso ottobre, per l’evento organizzato dall’Istituto Studi Buddhismo Tibetano Ghe Pel Ling di Milano.
Al seguito anche il suo amico Richard Gere, l’attore americano diventato buddhista tibetano praticante, nonché un attivo sostenitore della figura politica del Dalai Lama stesso, infatti da sempre si batte per la causa del Tibet. Nell’occasione è stata conferita la cittadinanza onoraria della città di Rho al leader spirituale dal sindaco Pietro Romano: “La nostra città è impegnata da anni nella costruzione di politiche per la pace e di una comunità inclusiva - ha dichiarato il sindaco - è per me quindi un onore poter conferire la cittadinanza onoraria del Comune di Rho a Sua Santità in quanto promotore della ricerca dell’autentica felicità che al di la delle diverse religioni, può ispirare tutta l’umanità e aiutare la pacifica convivenza sempre più ravvicinata tra persone di diversa storia, cultura ed etnia”. Il sindaco ha consegnato la pergamena con le motivazioni alla massima autorità spirituale buddhista e ha ricevuto in dono una “kata”, la tipica sciarpa bianca buddhista di buon auspicio. Poi il Dalai Lama ha firmato una tessera di piazza Costellazione, la grande piazza realizzata davanti a Rho-Fiera, un mosaico di ceramica blu raffigurante la Costellazione dell’Acquario.
Nella conferenza pubblica, sono stati numerosi gli interventi e le domande del pubblico alle quali il Dalai Lama ha risposto con grande disponibilità ed empatia, sempre partendo dal presupposto che tutti gli esseri senzienti sono alla ricerca della felicità e tutte le religioni sono giuste per seguire un sentiero di pace, condivisione e compassione con il prossimo.  
Sua Santità ha sottolineato l’importanza di rimanere centrati e seguire la via dell’illuminazione in questo mondo in continuo cambiamento e ha dichiarato che è già stato messo a punto un protollo per insegnare nelle scuole, ai più piccoli, i precetti di amore universale, tolleranza, accettazione del prossimo in una società che si presenta sempre più multi-etnica e variegata. Proprio i bambini saranno così pronti a superare tra vent’anni, molti dei conflitti che affliggono oggi l’umanità.
Negli intervalli, tra le bancarelle allestite, il pubblico ha potuto acquistare t-shirt, abbigliamento, sciarpe, bijoux, manufatti buddhisti di origine tibetana o scegliere letture di approfondimento sulla meditazione e il pensiero buddhista.

Sua Santità il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, è il leader spirituale del Tibet. Nato con il nome di Dhondup Lhamo il 6 luglio 1935, da una famiglia contadina, in un piccolo borgo dell’Amdo (Tibet nord-orientale), all’età di due anni è stato riconosciuto come la reincarnazione del suo predecessore. Si ritiene infatti che i Dalai Lama siano manifestazioni di Avalokiteshvara, il Buddha della Compassione e patrono del Tibet. Dall’età di sei fino ai ventitré anni ha ricevuto un’educazione monastica, studiando con i principali Maestri tibetani contemporanei, fino a conseguire a pieni voti il titolo di Gheshe Lharampa, equivalente a un dottorato di filosofia buddhista. 

Prima ancora di terminare i suoi studi, a causa del precipitare della situazione politica – con l’invasione cinese del Tibet nel 1949 – venne chiamato giovanissimo ad assumere i pieni poteri, nel 1950. Dopo aver cercato inutilmente una soluzione pacifica alla situazione, con colloqui con i principali leader cinesi, nel 1959, in seguito alla brutale repressione della rivolta di Lhasa, fu costretto a fuggire in India.
Da allora, vive a Dharamsala, cittadina del nord dell’India, dove si trova anche la sede delle principali istituzioni tibetane in esilio. Da qui non ha mai cessato di adoperarsi per il bene del suo popolo, sia aiutando con ogni mezzo i profughi sia cercando di far valere - sempre tramite il dialogo e la non violenza - i diritti umani in Tibet e di preservare l’integrità della cultura e della società tibetana. Le sue richieste sono sintetizzate nel Piano di pace in cinque punti, presentato nel 1987 al Congresso degli Stati Uniti e l’anno successivo al Parlamento europeo, nel quale si propone la trasformazione di tutto il Tibet in una zona di pace, l’abbandono della politica di trasferimento di massa della popolazione cinese che minaccia l’esistenza stessa dei tibetani come popolo, il rispetto dei diritti umani fondamentali del popolo tibetano e delle libertà democratiche, il restauro e la tutela dell’ambiente naturale del Tibet con l’abbandono della produzione di armi nucleari e lo scarico delle scorie nucleari, l’inizio di seri negoziati sul futuro status del Tibet e sulle relazioni tra il popolo tibetano e quello cinese.
Si è sempre opposto all’uso della violenza. Fautore di una più estesa comprensione tra i popoli e le religioni, sin dal 1967 ha incontrato numerosi capi di stato, leader politici e religiosi.
Come leader del suo popolo, ha dato vita al processo di democratizzazione, arrivando a abbandonare ogni carica politica, in favore del Governo in esilio democraticamente eletto fra i membri della diaspora tibetana.
Accanto al Suo impegno per la pace e per il Suo popolo, continua a insegnare il Buddhismo e a meditare quotidianamente, per più di cinque ore al giorno. 
Sua Santità dà continuamente insegnamenti ai numerosi discepoli sparsi per tutto il mondo. Le sue conferenze e insegnamenti, che non hanno lo scopo di proselitismo, sono autentiche lezioni di vita, pace, tolleranza e compassione, che trasmette con l’unica intenzione di dare il proprio contributo alla pace e alla fratellanza universale. Per questo motivo, attraggono ogni anno sempre più persone da molte parti del mondo.
Tre sono gli impegni principali della sua vita: come essere umano, la promozione di valori come compassione, perdono, tolleranza; come religioso, la promozione dell’armonia e della comprensione tra le maggiori tradizioni religiose del mondo e infine la risoluzione della questione tibetana.
Motivato da ciò, promuove e partecipa a incontri interreligiosi, ma anche a confronti con esponenti del mondo scientifico, convinto che scienza e religione non siano in contraddizione, in quanto entrambe alla ricerca della verità per il bene degli esseri. 
È autore di numerosi testi sul buddhismo e sul rapporto tra religione, scienza e ambiente. Nel corso della sua vita, il Dalai Lama ha ricevuto numerosissime onorificenze e riconoscimenti per la sua opera, tra cui ricordiamo il premio Nobel per la Pace, nel 1989. È – tra l’altro – cittadino onorario di Roma, Venezia, Torino e altre città italiane.
Al di là dei riconoscimenti ufficiali, però, Sua Santità – che considera sé stesso “un semplice monaco buddhista” e imposta la propria vita sulla semplicità e l’umiltà - si colloca senz’altro fra i personaggi di maggior rilievo della nostra epoca, per la sua straordinaria carica di affetto per ogni essere, per la capacità di tramettere - sempre e in ogni situazione - messaggi costruttivi di tolleranza, pace e dialogo, per lo sforzo costante di superare le barriere e le incomprensioni con il dialogo, per il suo amore per la verità.
Pillole di saggezza
“FELICITà NON DA COSE MATERIALI”.
“Sono contento di essere qui con voi. Alla base tutti siamo uguali, e questo vale per tutti gli esseri senzienti”. Lo ha detto il Dalai Lama in apertura di conferenza. “Ci sono due tipi di felicità - ha proseguito la massima autorità buddhista -: quella che viene dalle cose e quella che viene dalla mente. In una società materialistica, il benessere viene da cose materiali ma noi siamo esseri umani, abbiamo una mente complessa e affidarci al benessere dei piaceri fisici non è assolutamente sufficiente. Se siamo veramente intelligenti dovremmo preoccuparci del valore che deriva dal modo di pensare giusto”. Il Dalai Lama ha spiegato che in genere più una società è materialistica, più i suoi individui sono stressati e infelici.

“UNA MENTE TRANQUILLA HA PACE INTERIORE”.
“La mia tranquillità mentale - ha aggiunto il Dalai Lama - deriva non da una chiusura mentale ma dall’intelligenza, che va usata per analizzare, per comprendere le varie situazioni. Questo approccio intelligente alla realtà dona tantissima pace interiore. Serve una mente calma, pacifica, che non è soggiogata alle forze distruttive: paura, attaccamento, non sono utili”.

“NO A ENFASI SULL’IO”. 
“Se mentalmente poniamo troppa enfasi sull’io - ha raccontato il massimo esponente del buddhismo - questo sentimento fa sorgere paure e diffidenza. Da piccolo, in Tibet, prima di diventare rifugiato, sono cresciuto nelle formalità. Poi ho fatto un viaggio in Cina, pieno di formalità, e non stavo così bene.
Da quando sono diventato rifugiato, ho pensato di essere parte di un’unica umanità e questo mi ha fatto molto bene”.

“QUESTO SIA SECOLO DELLA COMPASSIONE”. 
“In molte parti del mondo ora ci sono conflitti e violenze.
Da dove nascono? Sorgono da un pensiero: il fatto di porre l’enfasi su delle diversità secondarie, come le diversità religiose. Ma tutti siamo uguali e tutti vogliamo essere felici.
Il nostro futuro dipende dagli altri, siamo tutti interdipendenti, per cui la felicità degli altri è la mia felicità.
Questo dovrebbe essere il secolo dell’unità, della compassione, della pace. I conflitti si risolvono con il dialogo”, ha aggiunto il Dalai Lama.

 

Alle donne è affidato il messaggio di speranza per il nuovo millennio.

“Lasciamo che i valori femminili sboccino nella nostra società affinché cambino la mentalità delle persone. È indispensabile per costruire una pace duratura e per il futuro dell’umanità.”
“La prossima sarà l’era della donna!” Con questa profezia il Dalai Lama allo stesso tempo rassicura e sollecita alla rinascita un universo femminile da tempo in crisi e disperso, alle prese con le troppe richieste e pressioni del quotidiano e non esclude che la Sua prossima reincarnazione, possa proprio essere una donna.
L’eterna tensione tra figli e lavoro, le difficoltà della coppia, il tempo che manca: dov’è lo spazio per ascoltarsi, per realizzarsi, per ricercare il proprio equilibrio e la felicità? Sensibile alle inquietudini del mondo occidentale, il Dalai Lama offre parole di speranza: solo salvando se stesse le donne potranno salvare il mondo.
La loro sensibilità le porta, infatti, a cercare l’armonia con il prossimo e a considerare la felicità degli altri come parte integrante della propria, una lezione di altruismo e apertura che si iscrive perfettamente nei valori millenari del buddhismo.
E questa sensibilità, coltivata e accresciuta, è l’unica e forse l’ultima speranza per costruire una società di pace e raggiungere l’autentica serenità. In questo libro è raccolto per la prima volta il messaggio del Dalai Lama alle donne. Attraverso discorsi e interviste in cui ha espresso la sua posizione sul ruolo femminile nelle sfide della contemporaneità, si affrontano grandi problemi morali come l’aborto, l’eutanasia, la famiglia, l’amore.
Il libro “Lettera alle donne” pubblicato dalla Rizzoli nel 2009, è stato scritto da Catherine Barry di Dublino, una giornalista televisiva ed esperta di buddhismo francese nata nel 1963. Ha condotto su France 2 la trasmissione “Voix bouddhisthe”.

 
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