Palazzo Ducale di Modena
Una cornice storica e prestigiosa per il trentennale di Profilo Donna

foto di Roberto Vacirca e Francesca Pradella

Nel 1598, dopo il trasferimento a Modena della corte estense a seguito della devoluzione di Ferrara allo Stato Pontificio, si verificò l’evoluzione di Modena da città che oggi definiremmo di provincia, a capitale, con conseguenze che ne segnarono il volto urbanistico ed edilizio soprattutto per merito dell’ambizioso programma di Francesco I d’Este, colui che è stato definito “il piccolo Re Sole alla corte di Modena”, che incarnava insieme l’idea del principe e dell’eroe cristiano. Il “simbolo” più significativo sarà proprio Palazzo Ducale, la cui progettazione fu avviata chiamando da Roma Bartolomeo Avanzini e commettendogli progetto ed esecuzione, unitamente a quello del palazzo per la villeggiatura della corte, a Sassuolo. E, questo appena tornata la normalità, sia politico-militare, sia, soprattutto, igienico-sanitaria, a seguito di una spaventosa epidemia di peste, quella che, dalla Lombardia, nel 1629, era passata sulla riva destra del Po. L’incarico sarà per un grande palazzo che sostituisca quasi completamente il vecchio castello, fatto innalzare da Obizzo III, verso la fine del XIII secolo dopo che una sollevazione popolare aveva distaccato il precedente maniero fatto costruire da Obizzo II, Marchese di Ferrara nel 1269. Un autentico “palazzo come città”, nella sua ubicazione serrata tra la cerchia muraria della prima metà dell’XI secolo e quella della seconda metà del XIV secolo, dove fosse possibile rinnovare il fasto e la ricchezza della corte di Ferrara ed i cui progetti, si racconta, vennero anche sottoposti, in tempi diversi, all’esame dei massimi architetti dell’età barocca, Bernini, Borromini e Pietro da Cortona.
La costruzione eserciterà notevole influenza sull’intera città e, in particolare, sulle aree vicine, che dovettero adeguarsi alla nuova dimensione e funzione scenografica. Vi furono nuove costruzioni (la chiesa di San Giorgio), demolizioni e ricostruzioni (la chiesa di San Domenico), demolizioni (un fabbricato di cospicue dimensioni con botteghe), adattamenti (parte del convento dei Domenicani); l’edificio che vediamo oggi è infatti il risultato di tempi di realizzazione lunghissimi e di modifiche innumerevoli. Il Palazzo suscitò l’ammirazione di Napoleone (lo definì, sembra: “Il Palazzo Reale d’Italia”), e iniziò proprio dal periodo napoleonico, le proprie variazioni di destinazione d’uso.
Negli anni 1796-97 vennero rimosse le aquile ed i gigli di marmo che ornavano la facciata e furono abbattuti, all’interno, i busti dei duchi e le altre decorazioni estensi. Divenne sede del “governo provvisorio”; il 21 gennaio 1797  ospitò la seduta del Governo cispadano che concretizzò la delibera del congresso che si era riunito 15 giorni prima a Reggio, circa il riconoscimento ufficiale della bandiera tricolore.
Dal 1797, vi trovarono sede uffici vari, alloggi di autorità militari, magazzini, la sede dell’Amministrazione centrale del Panaro e fu sede della Scuola Militare di Artiglieria e Genio durante la Repubblica Cispadana e durante il Regno d’Italia (1805-1894).
Dopo i danni provocati dalla trasformazione in caserma per l’armata austriaca e da un grave incendio che interessò il salone d’Onore nel 1815, Francesco IV e Francesco V, i due sovrani austro-estensi,  fecero molto per completare il Palazzo e recuperare quello che era stato asportato dai Francesi. Chiamarono e coinvolsero architetti di grande notorietà come Giuseppe Soli, Francesco Vandelli, Giuseppe Lotti. Dal 1860, il Palazzo venne adibito ad uso di pubblici uffici e di abitazioni per alcune autorità, mentre continuavano ad esservi presenti Pinacoteca, Archivio, Biblioteca. Dal 1863, l’edificio, ormai di proprietà della corona italiana, divenne sede della Scuola Militare che era stata istituita nel 1859 e che aveva avuto, come prima sede, gli spazi ex conventuali di San Pietro. Non senza ulteriori, massicce opere di adattamento. Nel 1890 veniva completato lo sgombero attraverso la delocalizzazione dell’Archivio Estense nell’ex Palazzo della Prefettura e, ancora, della Biblioteca e della Pinacoteca nell’attuale Palazzo dei Musei già Albergo delle Arti, all’uopo acquistato dal Comune.
Tale ultima delocalizzazione avvenne con modalità ed atti che ancor oggi costituiscono, nel loro prevedere l’unitarietà ideale e fisica fra le strutture culturali e museali statali e comunali, insostituibili punti di riferimento nella storia di Modena e nella stessa storia nazionale. Con il 1863, iniziò una rinnovata separatezza fra Palazzo e Città. Il giornale modenese “La vipera” riportava con evidenza le lagnanze della cittadinanza che avrebbe voluto mantenere il passaggio attraverso il cortile principale: passaggio che, consentito dagli estensi durante il giorno e dal Farini anche durante la notte, era stato inibito dal Ministero della Guerra in considerazione della nuova destinazione avuta dal Palazzo. Da alcuni anni le porte dell’Accademia si aprono frequentemente per festeggiare, insieme alla cittadinanza, appuntamenti tradizionali di varia natura, determinando in tal modo, un rapporto di amicizia e collaborazione fra l’Istituto e l’ Amministrazione comunale.
Dal 15 ottobre 1947 l’Accademia ha ripreso il possesso della sua sede, dopo i bivacchi del 1943-45, dopo i bombardamenti e i saccheggi. Non vennero più utilizzate le caserme Santa Chiara e Fanti: vennero costruiti nuovi corpi di fabbrica (specie destinati ad attività sportive). Non mancarono poi, ulteriori problemi per scosse sismiche (1973-1986), per incendi locali, per la stessa ordinaria manutenzione e per l’adeguamento alle nuove normative di sicurezza: non sono mancate persino ipotesi di abbandono dell’antica residenza per costruire una nuova sede. Oggi i necessari interventi sono curati direttamente dallo Stato, ma anche da forti e motivati sponsor privati (Associazione Industriali e Fondazioni Bancarie che vedono in tali interventi fertile obiettivo da inserire nei loro bilanci di missione).
Il Palazzo Ducale ospita attualmente l’unico istituto italiano che prepara gli ufficiali in servizio permanente dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri. Nel tempo, i Generali Comandanti dell’attuale Accademia hanno saputo collegare il Palazzo alla Città, facendo in modo che l’istituzione fosse parte integrante della Città, anche con i suoi segni, le sue manifestazioni, la sua cultura.
(Tratto dal volume “Il Palazzo Ducale di Modena” – dr. Elio Garzillo – Fondazione Cassa di Risparmio di Modena)
www.esercito.difesa.it/siti_scuole/Modena/index.html
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Per informazioni sul trentennale
di Profilo Donna del 12 luglio tel. al 346/3152333
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LA TRADIZIONE DEL MAK P 100

Nel 1840 entrarono in vigore, all’Accademia di Torino, nuove norme che, per la prima volta, stabilivano tassativamente l’epoca degli esami e la data di promozione ad Ufficiale. Durante la lettura del nuovo regolamento ai frequentatori dell’Istituto, uno di questi, appresa la data della fine del corso, trasportato da sfrenata contentezza, gridò in dialetto piemontese: “Mak pi tre anni” (Mancano appena tre anni…) Ebbe così inizio la tradizione di contare i giorni mancanti alla nomina ad Ufficiale e di organizzare festeggiamenti nelle date corrispondenti a 300, 200 e 100 giorni dalla consegna dei gradi. Nel 1891 tale usanza si trasferì da Torino all’Accademia Militare di Modena ove la ricorrenza viene commemorata, quando mancano 100 giorni alla fine del biennio accademico, con cerimonie militari, saggi ginnici e festa danzante nelle sale del Palazzo Ducale.

 
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