SUL SOFA' DI CHICCA C'È:
Barbara Stefanelli (PPD 2015) - Giornalista.
Barbara Stefanelli

Barbara Stefanelli è giornalista del quotidiano “Corriere della Sera”. Dal 2009 è vicedirettore e da maggio 2015 è vicedirettore vicario, è stata caporedattore centrale e caporedattore Esteri.      

Nel 2011 ha curato il lancio dell’inserto culturale La Lettura. Ha progettato il Blog collettivo La27ora: nato con una prevalenza femminile, si è aperto a tutte le firme del Corriere e poi ai contributi di lettori, lettrici, esperti. Con La27ora ha pubblicato con Marsilio il libro “Questo non è amore”, inchiesta sulla violenza contro le donne, finalista al Premio Estense 2013.

Nel 2013-14 ha lanciato “Il Tempo delle Donne”, una festa-festival di tre giorni a Milano, un palinsesto di incontri/spettacoli/laboratori nato da un’idea del La27ora in collaborazione con Io Donna, ValoreD, Fondazione Corriere.

Un’inchiesta in diretta sulle donne (e gli uomini) del nostro tempo - dal lavoro alla sessualità, dalla cucina all’arte, dalla famiglia al tempo libero – che ha celebrato la sua quarta edizione con un record di 200 ospiti e di pubblico. 

Nel settembre 2017 ha curato il lancio del settimanale Buone Notizie dedicato al terzo settore e a chi lavora per costruire un presente migliore. Tra i progetti seguiti Futura, newsletter settimanale che raccoglie testi d’autore sulle identità che cambiano, e Conversazioni estere, un ciclo di incontri di politica internazionale moderati da giornaliste di Esteri di più testate (Corriere della Sera, ilFoglio, Rivista Studio, Radio Popolare, Fondazione Oasis) in avvicinamento al Premio Cutuli.
Ha vinto il premio “Marisa Bellisario” edizione 2010, il Premio Internazionale “Profilo Donna” nel 2015, il “Premio Ischia” edizione 2016.

Laureata in Germanistica, ha studiato a Heidelberg e Vienna. Ha una figlia di tredici anni, che nel nome porta il ricordo di Maria Grazia Cutuli, inviata del Corriere uccisa in Afghanistan nel 2001.

Dr.ssa Stefanelli Lei è vicario del Corriere della Sera, uno dei quotidiani più letti in Italia, quindi una delle giornaliste più accreditate e conosciute con alle spalle una lunga esperienza. Ci racconta brevemente, il suo iter professionale all’interno della testata?

Un iter semplice. Sono entrata al 28 di via Solferino nell’estate 1990 come stagista dell’Istituto per la formazione al Giornalismo IFG, scuola Tobagi. L’anno prima mi ero laureata in Germanistica, non avevo mai scritto un articolo in vita mia e non ho alcun parente giornalista J. La scuola professionale era dunque un salto nel vuoto: lo stage al Corriere è stata una straordinaria occasione per conoscere una redazione e per arrivare nel 1992 all’assunzione come redattrice ordinaria alla Redazione Esteri. Un sogno. Oggi per molti ragazzi e ragazze che vogliono intraprendere lo stesso cammino, la strada è molto più ripida, mi rendo conto, quasi sempre prevede una catena di contratti a termine e una gavetta assai più incerta: i giornali stanno combattendo tutti, centimetro su centimetro, giorno per giorno, cercando nuovi modelli editoriali e di business. Da quel 1990 non sono mai uscita dal Corriere. Nel 2000 sono passata all’ufficio centrale, di fatto la sala macchine del quotidiano, nel 2002 sono diventata vice caporedattore centrale e nel 2003 caporedattore centrale. Nel 2009 vicedirettore e nel 2015 vice direttore vicario. In questi anni ho lavorato tantissimo, giorno e (spesso!) notte, ma non ho conosciuto una sola ora di noia. Nel frattempo fare il giornalista è diventata un’altra cosa: servono competenze multimediali e un’attitudine a trasformarsi in producer di nuovi progetti per raggiungere i lettori e le lettrici negli spazi e nei tempi dove trascorrono le loro giornate. Aspettarli in edicola al mattino non basta. E’ una rivoluzione di competenze, orari, creatività.

Nel 2015 si è insediato Luciano Fontana al posto di Ferruccio De Bortoli. Come avete vissuto questo cambiamento e quali sono i suoi rapporti con il nuovo Direttore di testata?

E’ stato un cambiamento importante perché Ferruccio de Bortoli ha dato identità e forza al Corriere per moltissimi anni, tanto che ancora rappresenta una delle firme di riferimento assoluto della testata. Via Solferino resta casa sua. Nel 2009 il passaggio del testimone debortoliano a Luciano Fontana, suo braccio destro, è stato per tutti noi la migliore delle soluzioni possibili. E in particolare per me che dai tempi dell’ufficio centrale – cioè da 15 anni! - sono la sua vice. I rapporti sono ottimi da sempre e non è una frase di circostanza.

Quali sono state le inchieste e le idee più innovative che Lei ha portato all’interno del Gruppo RCS?

I progetti dei quali sono più orgogliosa sono la nascita, nel 2011 durante la direzione de Bortoli, del supplemento culturale La Lettura e un mese fa del settimanale Buone Notizie, dedicato al terzo settore e in generale alle storie positive spesso dimenticate dai giornali. In mezzo ci sono state tante cose potenti, penso naturalmente a tutte le novità digitali. Tra queste la nascita, sempre nel 2011, di quello che era “solo” un blog e che nel frattempo è diventato un cantiere di idee, iniziative, relazioni sul territorio: La27ora

Grande novità e successo per il Vs. blog La 27Ora nato nel 2011. E’ casuale che sia nato con prevalenza femminile?

Non è casuale. Quando sono diventata vicedirettore, tutti mi presentavano come la prima vicedirettrice del Corriere dal 1876. Una definizione di genere che mi stava stretta, perché andava a coprire la mia storia di giornalista di Esteri e qualunque altra competenza acquisita nel frattempo. Dopo due anni, il 9 marzo 2011, qualcosa ha fatto clic: ho pensato che scalciare era stupido, molto meglio affrontare la cosa come un’opportunità per il giornale e per le lettrici o i lettori. Così è nato questo spazio digitale, che poi ha portato i suoi contenuti anche su carta e nei teatri in un incontro sempre più stretto con il pubblico, pensato come uno spazio dedicato alle donne in particolare. Quello che abbiamo capito nel tempo che i temi ritenuti più femminili riguardano in realtà tutti e sempre di più. Se parliamo di educazione dei figli, di cura delle persone anziane, di sentimenti e di sesso, di tempi del lavoro, di bellezza e di invecchiamento, di passioni e paure perché mai dovremmo pensare che queste sono “cose da donne”. Sono le cose della vita, di tutti, per fortuna.

Cosa scrivono e cosa chiedono le persone che si mettono in chat con Voi?

Chiedono di non parlare soltanto di politica e di economia. Chiedono al loro giornale di fare da guida tra i grandi fatti nazionali e internazionali, ma senza dimenticare le piccole grandi storie quotidiane. Con La27ora abbiamo costruito inchieste collettive straordinarie. Da temi terribili come la violenza domestica, alla quale si è dedicata l’intera redazione del quotidiano, a scelte più leggere ma non meno significative come la grande indagine sul sesso e sull’amore del 2016. Per non parlare del lavoro che abbiamo portato quest’anno in Triennale, durante la festa-festival settembrina Il Tempo delle Donne, che aveva il titolo: Uomini, i segni del cambiamento. Abbiamo cercato di raccontare il grande balzo che gli uomini – di tutte le generazioni, in particolare però i più giovani – stanno compiendo rispetto ai modelli tradizionali di virilità e autorità. Sono stati tre giorni di incontri – cento – e di ospiti – duecento – che davvero hanno portato in scena una narrazione libera e sorprendente di come stiamo vivendo. E vorremmo vivere insieme, uomini e donne.

Visti i fatti di cronaca di questi ultimi anni in cui si parla purtroppo spesso di femminicidi, tutte insieme avete sentito la necessità di pubblicare il libro “Questo non è amore” una inchiesta sulla violenza contro le donne, che è stato, tra l’altro, finalista al Premio Estense 2013...

L’inchiesta contro la violenza sulle donne è stata la prima grande inchiesta de La27ora. E’ cominciata subito, nel 2011, è passata attraverso il libro edito da Marsilio e non si è mai fermata. Quasi Ogni giorno, purtroppo, una giornalista della redazione Spettacoli aggiorna volontariamente la nostra memoria digitale delle donne uccide in Italia. Quasi ogni giorno Laura Zangarini cerca nome, età, luogo, circostanze per lasciare una traccia di ciascun femminicidio che noi conserviamo e vogliamo custodire. Per non dimenticare, per non fare differenze tra morti di serie A e B, per non permettere un abbassamento della guardia su quella che non è un’emergenza stagionale ma un buco nero strutturale della nostra società che ancora non sopporta la libertà e l’autodeterminazione delle donne. Fino al punto di fermarle con la violenza, quando si spostano rispetto al recinto dove si esercita la volontà di controllo dei loro compagni o ex compagni.

Come è cambiata la professione negli ultimi 10 anni e cosa consiglia ai giovani che vogliono intraprendere la professione di giornalista?

E’ cambiato quasi tutto, tuttavia io penso sia una fase straordinariamente interessante per scegliere e crescere in questo lavoro. Bisogna pensare a se stessi non solo come autori di articoli, innamorati delle proprie frasi. E’ necessario avere capacità tecnologiche e pensare ai propri contenuti in chiave multimediale, sia che si immagini una carriera di scrittura sia che si abbia il desiderio di crescere al desk. Nello stesso tempo, davvero, essere giornalisti attivi significa ragionare anche in chiave di produzione: di iniziative, progetti, cambiamenti continui, che portino la testata alla quale si appartiene un po’ più avanti ogni giorno. Non ci si può sedere dietro una scrivania considerandola un punto di arriva.

Ci sono stati tempi più facili, durante i quali anche lo status sociale del giornalista era più facile da riconoscere e far riconoscere. Oggi si combatte, si crea, si prova e riprova.
E anche per quanto riguarda la scrittura è fondamentale avere intesta un lettore o una lettrice che dispongono di meno tempo per apprendere le notizie. Vanno conquistati e tenuti con sé, grazie a un’offerta di profondità e chiarezza.

Un’altra cosa, il 2016/2017 è stato l’anno durante il quale abbiamo finalmente capito l’ampiezza di diffusione e i meccanismi di funzionamento delle fake news sulle piattaforme social di distribuzione dei contenuti. Chi può garantire notizie non fake – selezionate, verificate, ragionate, scritte con un linguaggio curato e responsabile – deve cogliere l’occasione per riconquistare spazio e ascolto. I giornali migliori americani, non a caso, stanno vedendo crescere i propri abbonamenti che diventano a poco a poco una fonte di redditività più incisiva della stessa pubblicità. Io credo che questa sia la strada. 

E per il 2018 quali sono le novità in cantiere di cui possiamo dare qualche anticipazione?

Una sola anticipazione. L’inchiesta che porterà al Tempo delle Donne 2018, a settembre in Triennale, la dedicheremo alla felicità. La nostra sensazione è che – in tempi dove tutto, il lavoro come le relazioni – diventa precario ci sia una chiamata a essere felici qui e ora. Un po’ come accadeva, forse, ai nostri bisnonni o prima ancora quando le guerre e le malattie accorciavano l’orizzonte di attesa delle persone. Per un paio di generazioni abbiamo pensato di poter progettare la felicita a medio e lungo termine, ora dobbiamo avere cura delle nostre giornate per stare bene con noi stessi e con gli altri. Indagheremo con una ricerca approfondita all’inizio dell’anno, progetteremo le nostre puntate cartacee e di avvicinamento da marzo in poi e a settembre condivideremo in diretta la sintesi del nostro lavoro. Siete già tutti invitati: a Milano, in Triennale, inizio di settembre.

Nel frattempo, chiedetevi se siete felici….

 
Powered by Main Street Modena