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Elisabetta Belloni (PPD '10)

Elisabetta Belloni è dal 2008 Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, organo che fa parte del Ministero degli Affari Esteri il cui compito è programmare, elaborare e applicare gli indirizzi della politica di cooperazione e le politiche di settore tra cui sanità, ambiente e sviluppo imprenditoria locale verso i Paesi in via di sviluppo, per i quali mette in atto interventi di emergenza e fornisce aiuti alimentari gestendo i fondi destinati a tali scopi. Elisabetta Belloni è Ministro Plenipontenziario dal 2000 e per quattro anni, dal 2004 al 2008, è stata Capo dell'Unità di Crisi.

Elisabetta Belloni - Profilo Donna

Laureata in Scienze politiche all'università Luiss di Roma, dopo l'esame di concorso viene nominata Volontario nella carriera diplomatica. Tra i suoi principali incarichi ricordiamo quello come Segretario di Legazione alla Direzione Affari Politici - Ufficio America Latina assunto nel 1986. Dal 1990 al 1998 è stata alla Direzione Generale Affari Politici - Ufficio Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa e vice capo delegazione Confidence and Security Building Measures ai negoziati di Vienna. Dal 1993 al 1996 ha ricoperto il ruolo di Primo Segretario alla Rappresentanza diplomatica permanente d'Italia presso le organizzazioni internazionali a Vienna poi Primo Segretario Commerciale all'ambasciata d'Italia a Bratislava e nel 1998 è stata promossa a Consigliere di Legazione. L'anno successivo è passata alla Direzione Generale degli Affari Politici ± Ufficio Russia e CSI, nel 2000 Capo Segreteria direzione generale dei Paesi dell'Europa poi capo dell'Ufficio per i Paesi dell'Europa Centro-orientale. Nel 2002 la promozione a Consigliere d'Ambasciata, dal 2002 al 2004 è stata Capo della Segreteria del Sottosegretario di Stato.
Per la sua carriera diplomatica le è stato consegnato nel 2010 il Premio Internazionale Profilo Donna.

Elisabetta Belloni, tra i diversi ruoli diplomatici che ha assunto è stata Capo dell'Unità di Crisi e ora è Direttore Generale Cooperazione e Sviluppo: due incarichi complessi, come li ha accolti?
«Per noi diplomatici cambiare incarico è la normalità, fa parte del nostro percorso di carriera. Li ho accolti con soddisfazione e responsabilità. Si tratta di due incarichi che implicano molta umiltà e sentimento di responsabilità nei confronti del mandato. Richiedono propensione al fare, grande senso di concretezza e della possibilità di poter incidere nello sviluppo e nella vita umana. È accogliere una sfida importante».

Le è stata di supporto la sua formazione gesuitica?
«Ha influito moltissimo e sono molto orgogliosa di avere ricevuto insegnamenti dai Gesuiti. Il percorso mi ha insegnato a essere aperta al mondo e guardare al futuro con ottimismo per risolvere i problemi, ho imparaato ad avere il coraggio di decidere. Mi piace citare una persona, Mario Gradi, con questa frase "I Gesuiti ti insegnano a fare al meglio ciò che sei chiamato a fare"».

Non dev'essere stato sempre semplice il cammino, una donna riesce a conciliare vita privata e vita diplomatica?
«Si parla spesso di difficoltà per le donne, soprattutto in termini di tempo, a conciliare lavoro e vita privata. Per le donne è ancora un po' più difficile rispetto agli uomini, ma sono antropologicamente chiamate a svolgere compiti e ruoli diversi che vanno ad aggiungersi a quello professionale.
È fondamentale non perdere la propria identità e dimostrare sul lavoro che si possono raggiungere gli stessi obiettivi, puntando sempre sulla meritocrazia».
A fare notizia spesso sono i grandi numeri, i grandi nomi, le grandi devastazioni.

Come giudica l'attenzione e la sensibilità dell'Italia verso i fatti di portata internazionale?
«In Italia come in altri paesi la notizia si basa sulla capacità di impatto sull'opinione pubblica. Viene da sé che i grandi conflitti, i grandi numeri attirano la notizia. È vero però che vi è strumentalizzazione della notizia che va a innescare un circolo vizioso: più la notizia è sexy più l'opinione pubblica si interessa. Il nostro compito, come diplomatici, è comunicare fornendo le dovute spiegazioni di cause, valutazioni, approfondimenti che possano portare all'opinione pubblica approfondimenti e a prestare attenzione anche a fatti in apparenza meno eclatanti».

La finanziaria 2011 ha segnato in negativo i fondi destinati ai programmi di sviluppo: quali risorse umane e strategiche avete messo in campo?
«L'Italia insieme ad altri paesi ha certamente ridotto l'aiuto pubblico verso i paesi in via di sviluppo o sottosviluppati. Per quanto riguarda l'Italia ciò è avvenuto per mantenere in ordine i conti, il bilancio, pur trattandosi certamente di una scelta politica che ha colpito il nostro settore così come altri. Noi abbiamo reagito mettendo un forte impegno nella pianificazione, anche perché il taglio ha riguardato anche le risorse umane. Questa necessità ha implicato una migliore efficienza, lo stabilire le priorità in termini sia geografici che settoriali. Da una parte il forte calo del volume dell'aiuto pubblico, dall'altro la soddisfazione del riconoscimento di un forte miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza degli aiuti italiani».

Chi sono i soggetti impegnati nella cooperazione e qual è la sfida di oggi?
«Negli ultimi anni ci sono stati significativi cambiamenti riguardo ai soggetti che intervengono nella cooperazione. Fino a qualche anno fa la gestione era riservata agli Stati, come soggetti unici. Oggi il mondo è profondamente cambiato e il compito degli Stati è di continuare a trovare risorse per sostenere lo sviluppo, ma a loro si aggiungono le imprese, che hanno scoperto l'importanza di investire in Paesi in via di sviluppo, le grandi fondazioni, le Organizzazioni Non Governative, i singoli individui e l'opinione pubblica che si sente coinvolta e contribuisce. Sorge così una riflessione automatica e cioè che oggi l'esigenza è di garantire l'efficacia negli aiuti e mettere a sistema gli sforzi che portano tutti questi soggetti. Gli Stati hanno il compito di creare un contesto integrato che abbia come obiettivo l'efficacia e l'efficenza degli aiuti».

Qual è la situazione nel Corno d'Africa?
«Si tratta di una crisi umanitaria, una crisi dovuta alla siccità e alla malnutrizione che implica la gestione dell'afflusso crescente verso i campi profughi. L'Italia è da tempo impegnata negli aiuti in questa zona, la situazione drammatica ha comunque comportato la necessità di riorinetare i programmi. È drammatico, abbiamo stimanto 4 milioni di persone in stato di malnutrizione».

Elisabetta Belloni - Profilo Donna

Come ha accolto l'incarico di Capo dell'Unità di Crisi, nel 2004, segnato subito dalla terribile emergenza dello Tsunami che sconvolse diverse nazioni asiatiche?
«L'incarico mi ha offerto l'opportunità di mettere a punto procedure e metodologie di emergenza di competenza del Ministero degli Interni. Mi ha permesso di capire una volta di più che è necessario conoscere profondamente la situazione prima di attivare un aiuto. Si deve essere pienamente consapevoli delle cause dell'emergenza e avere una profonda preparazione per affrontare e risolvere i problemi. Come ad esempio mi è capitato nel caso dello tsunami, quando ho dovuto insistere per avere due giorni a disposizione per mettere a punto la metodologia migliore per poi passare all'attivazione degli strumenti e della strategia di aiuto».

 
 
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