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Monica Casadei

Monica Casadei (PPD '02) si distingue come una delle migliori coreografe della nuova generazione e a testimoniarlo è il Premio della Critica "Danza&Danza" conferitole nel 2000. Ma ancora di più ad iscriverla nel firmamento come stella dello spettacolo è l'oscar della danza, vale a dire il Premio "Anita Bucchi", che le è stato assegnato nel 2007 per la migliore coreografia dell'anno, "Cuba 2006. La rivoluzione energetica", una creazione legata al progetto Artemis incontra culture Altre dell'omonima Compagnia Artemis Danza di cui è fondatrice e direttrice artistica.

Fin dagli studi di Filosofia all'università il filo rosso che emerge dal tuo percorso è una continua ricerca intellettuale individuale e non solo l'esecuzione di una danza corporale. Seguendo il sentiero si arriva alla tua scoperta dell'Aikido negli anni 80. Che cosa hai trovato in questa antica arte marziale?
«Fino ad allora il mio percorso si era sviluppato su due filoni, quello filosofico e quello della danza del corpo, inteso come allenamento. C'è stato un momento della mia vita in cui ero in qualche modo obbligata a prendere una posizione. Mi mancava sempre una fetta da qualche parte.
Laddove c'era un'attività più corporea legata alla danza mi mancava sempre la parte più spirituale e filosofica. Quando pensavo di più alla filosofia, sentivo che mi mancava il corpo. Un vero e proprio dualismo.
Non solo l'Aikido, ma anche i coreografi che ho seguito in Francia e che erano insegnanti e praticavano questa arte, hanno veramente risolto un grande dilemma, anche esistenziale, perché finalmente, con l'Aikido, il corpo è cosciente. È un'arte marziale, ma con dietro una fortissima filosofia e sono riuscita a trovare così la via per praticare danza e Aikido, che esercito da 25 anni. Il mio maestro, francese, è il primo allievo di un maestro giapponese.
Il training di tutti i miei danzatori è lo stesso che ho seguito io. I miei spettacoli sono di danza, ma l'Aikido è il principio energetico, fisico, è un "fondo" che ha dato spessore, densità e intensità al movimento che così è riempito di energia vitale, intrecciato a un tessuto filosofico.
Ho trovato che così valeva la pena dedicarsi a questo percorso e condividerlo.
La compagnia Artemis è nata dopo, proprio da un bisogno di condivisione.
Per me è fondamentale non solo avere un percorso individuale, ma permettere anche ad altri di incrociarlo e così consentire loro di trovare la propria strada anche grazie alla nostra. Un percorso fertile».

A formare la tua preparazione e competenza sono solide tecniche di danza contemporanea occidentale unite a contaminazioni orientali. Che cosa nasce dall'incontro di questi due mondi?
«Per me, occidentale con formazione in danza classica e contemporanea, è interessante avvicinarmi a una cultura orientale e a una pratica del corpo che ha tanti anni di storia. Nel momento in cui integri i principi cambia il percorso energetico e la qualità del movimento. Il grande contributo è prima di tutto a livello di spirito di gruppo, come pensi a uno spettacolo prima ancora di una coreografia, i temi che tratti, la qualità del movimento. Una forte preparazione, che propongo anche ai miei danzatori e che io mi sono costretta a seguire, fa sì che hai un rapporto con lo spazio e con il suono differenti: come abitare il proprio corpo in senso pieno, dove il gesto non è gratuito, ma autentico. Sono molto esigente su questo coi miei danzatori: essere il più vicino possibile alla nostra verità e sincerità. Il gesto diventa necessario ed efficace. Sono concetti importanti nell'arte marziale perché si trattava sempre - una volta - di vita o di morte per cui c'è quella necessità, che per me è fondamentale nella vita e anche come creatrice di spettacoli. Se non c'è qualcosa di urgente, nessuna creatività portatrice di forza vitale può uscire se non un intrattenimento.
A volte, quando non è forte questa filosofia, si cerca più una perfezione con canoni estetici e si perde un po' di vista il fuoco interno legato alla sincerità, all'umiltà, alla ricerca di qualcosa che ci importa raccontare.
Nella danza contemporanea non abbiamo codici da seguire, siamo degli inventori. Ogni volta inventiamo la parola, che per noi è il gesto. La coreografia è fatta di tante parole come una frase e lo spettacolo è il romanzo. Iniziamo come degli artigiani, coniamo una parola poi la mettiamo in fila, con la punteggiatura. Scriviamo un romanzo, ma non abbiamo i codici. Le ispirazioni nutrono questa frase creativa. Gli spunti per la creazione di uno spettacolo sono infiniti, a volte c'è l'imbarazzo della scelta. Lavoro spesso con artisti, musicisti, poeti come è accaduto con Sanguinetti in PoèTanz.
Ci sono tante variabili creative e fertili. Penso sia poi importante mettere tutto a servizio di temi più grandi di noi.
Credo che l'arte vada in questo senso: un percorso dal piccolo all'universale o dall'universale all'individuo. Basta ascoltarsi e le empatie nascono velocemente così come gli incontri. Gli artisti sono ormai contaminati, non siamo dentro a una bolla di sapone. Si tratta di punti di vista sul mondo ed è molto importante mettersi a confronto perché è attraverso il confronto che evolviamo e cresciamo. In Aikido lo chiamano "conflitto creatore": un conflitto che non è né me né te, ma crea qualcosa d'altro».

Com'è maturato il tuo passaggio da ballerina a coreografa?
«Nella danza "coreografo" vuol dire tutto. Non solo crea e costruisce le danze, ma è colui che dà l'idea a tutto campo. È un altro mestiere rispetto alla danzatrice. Ho fatto la ballerina in Francia per compagnie molto coinvolgenti dove il danzatore non era un esecutore, ma un autore. Si lavorava insieme e moltissimo sull'improvvisazione, eri partecipe anche alla nascita del progetto. La stessa cosa che faccio coi miei danzatori molti dei quali ora stanno iniziando a fare anche le coreografie. Quando il tipo di lavoro che si fa in una compagnia chiede non solo un corpo, ma anche una mente e una sensibilità, ciò stimola un processo creativo che è stato alla base del mio percorso.
Dopo è più naturale decidere di creare una compagnia. Non sono mai stata un'esecutrice, non sono nata con l'idea di fare la ballerina. Ma ho sempre fortemente voluto un percorso attivo, pensante, quindi il passaggio è stato netto ma altrettanto naturale. Ho avuto il desiderio di creare spettacoli e quindi è nata la compagnia in Francia poi velocemente ci siamo trasferiti in Italia».

Arriviamo così al 1994 quando hai fondato in Francia Artemis Danza. Quali sono state le tappe più significative della Compagnia fino ad oggi? E quali i progetti in corso?
«Non era nel progetto tornare in Italia (nel 1997 ndr), ma c'è stato un momento molto favorevole con il teatro che mi ha dato l'ospitalità, le diverse istituzioni che hanno supportato l'attività. Sono molto felice che la compagnia sia in Italia nonostante i tanti problemi. Credo ci sia molto da fare nel nostro paese ed è importante portare dentro esperienze fatte all'estero, lavorare e fare crescere la danza.
Artemis è la prima compagnia privata in Emilia Romagna. In questi 11 anni è diventata una struttura forte e stabile, sostenuta da enti regionali e statali e questo dà anche tanta responsabilità. Più c'è sostegno, stima, fiducia, professionalità più si tende a darsi obiettivi ambiziosi. Organizzo da sempre festival di danza e rassegne.
Oltre alla passione non solo è importante promuovere la propria compagnia, ma anche tutto quello che riguarda la danza e giovani coreografi. La compagnia si sta occupando quindi di molte cose, l'attività principale è la produzione di spettacoli, Artemis gira, facciamo 60 spettacoli all'anno in tutta Italia e anche all'estero, sia Europa che paesi extra europei. La soddisfazione è che nulla di questo mi è stato regalato e che gli spettacoli hanno un riscontro positivo di pubblico. La filosofia di Artemis: la struttura è più ampia rispetto agli inizi (9 danzatori stabili) nonostante ciò rimane una filosofia di artigianato perché ritengo che la forza di un gruppo sia quella della famiglia, uno spirito di coinvolgimento da parte di tutti anche se la dirigo io. Si stanno aggregando in questo percorso molti altri artisti che sono venuti a conoscenza dei progetti, soprattutto quelli legati a Artemis incontra Culture 'altre' perché gli artisti hanno voglia di partecipare.
Artemis è una sorta di catalizzatore di altri percorsi artistici. Pubblichiamo libri che documentano i progetti e i viaggi. Ogni volta che abbiamo uno spettacolo, soprattutto per le prime, c'è una serie di attività correlate: mostre fotografiche, documentari, pubblicazioni. È una équipe aperta perché c'è una filosofia di fondo che è quella della partecipazione. Per me l'etica, il fatto di avere una postura, una forma mentis è la cosa principale e questa caratteristica la cerco quando scelgo i danzatori. È quasi più importante di un'abilità tecnica strepitosa. Non può esistere che per un obiettivo, come lo spettacolo, uno passa sopra ai cadaveri. Si tratta di fare un passo in avanti ogni giorno, un percorso evolutivo come artisti che va di pari passo col percorso evolutivo come essere umano.
Un artista è colui che ha fatto passaggi importanti, non è solo colui che si muove bene. Per danzare bene bisogna essere delle grandi persone, per me questo è importante e quindi amo circondarmi di persone grandi».


CURRICULUM

Il percorso artistico di Monica Casadei si intreccia profondamente con quello umano. Laureata in Filosofia, con lode, all'Università di Bologna con una tesi su Platone e la danza, artisticamente si è formata tra Italia, Francia e Inghilterra arrivando a una solida preparazione tecnica in danza contemporanea occidentale. Decisive nel percorso, non solo come ballerina prima e coreografa poi, ma anche a livello personale, le contaminazioni orientali derivate dai soggiorni in India e Cina e dallo studio delle arti marziali. È nell'Aikido che trova la sintesi perfetta tra espressione corporale e mentale. Vi si accosta quando è a Parigi, alla fine degli anni 80. Frequenta l'Académie des Arts Martiaux et Arts Contemporaines diretta dal maestro André Cognard e nel contempo seguono il primo dan di Aikido, il diploma di insegnamento Aikitaiso all'Accademia Autonoma di Aikido e lo studio della danza giapponese Butoh (che scardina qualsiasi tipo di nozione convenzionale) con vari insegnanti tra cui il maestro Kazuo Ohno.
La Francia è per lei terra fertile. Nel 1994 inizia la sua avventura di coreografa fondando la Compagnia Artemis Danza che nel 1997 trasferisce in Italia maturando ad oggi 25 creazioni con tournée in tutto il mondo e grande consensi di pubblico e critica. Sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Regione Emilia Romagna, dalla Provincia e dal Comune di Parma, città dove ha sede, gli spettacoli di Artemis Danza spesso coinvolgono altri artisti come musicisti, poeti, fotografi, scrittori. Le ultime creazioni sono di grande coinvolgimento e rilievo e legate al progetto Artemis incontra Culture 'altre' frutto di periodi di residenza all'estero: Brasil Pass (2005), PoèTanz! (2006) disegnato a più mani e nato da un'idea di Sanguinetti, Cuba 2006. La Rivoluzione Energetica (2006), Vocal Vox (2007), MEXICA.Collapse (2008), Latino America. Trilogia (2008), Codice India. Ineffabile stato di grazia (2008) frutto di quattro anni di studio della danza secolare indiana, I Bislacchi. Omaggio a Fellini (2008) attualmente in tournée mondiale e simbolo dell'Italia all'estero e infine Turkish Bazaar. Il sultanato delle donne (2009). Nel 2010 sarà la volta dell'Amazzonia.
Oltre a tournée nei principali teatri e festival italiani, Artemis Danza è stata invitata in prestigiosi festival internazionali l'ultimo dei quali è il SIDance Festival a Seoul. Monica Casadei ha curato coreografie di numerosi spettacoli teatrali e d'opera, dal 2002 è direttrice artistica del Festival Corpi Multipli e della rassegna di Parma La Danza del III Millennio. Dal 1998 al 2007 è stata in residenza al Teatro Stabile di Parma e Reggio Emilia. Nel 2007 è stata membro del WDA-World Dance Alliance Europe sotto l'egida del IDC-ITI/UNESCO.

 
 
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